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giovedì 1 settembre 2016

Dizionario napoletano: "Scarda"


 La scarda è la tipica scheggia, la scaglia, la squama. In genere si usa in senso dispregiativo (scarda 'e cesso!), associandola all'utilissimo oggetto che più volte al giorno utilizziamo per le nostre impellenze fisiologiche.

    

Deriva dal tedesco Skarda, traducibile come "spaccatura". Pochi sanno, e a molti sembrerà strano, che questo stesso termine ha accezione elogiativa se rivolto ad una donna. Infatti una donna è "'na scarda" se è bella e formosa.

Riguardo alla più frequente declinazione del termine, sopra richiamata, ancora sorridendo mi torna in mente un fatto di qualche decennio fa: ero allo stadio in curva, Napoli impegnato in casa in non ricordo quale partita di campionato, attacco affidato a tale Massimo Agostini, che i più tifosi ricorderanno come "il Condor": all'ennesima segnalazione di fuorigioco fischiata allo stesso, alle mie spalle scatta in piedi un tipico lord inglese in canottiera, sudaticcio, pingue, schiumante rabbia e urla: "Austì, lièvate 'a maglietta, fatt'jetta fora!" e dopo un attimo aggiunge: "Si' 'na scarda 'e cesso!!!"; qualche gradinata più indietro si solleva un altro personaggio tipico e di rimando, sempre urlando: "Capooo, e se vede ch'avite perso quacche piezzo!"

     

        

mercoledì 17 agosto 2016

Dizionario napoletano: "Pucchiacca"


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La Pucchiacca ...o meglio 'A pucchiacca credo sia superfluo specificare cosa sia. Noi uomini faremmo follie per essa!

A causa sua si sono commessi omicidi, crimini, ammazzamenti, si sono scatenate guerre e rivoluzioni.

Grazie a questo inestimabile dono di natura, la donna riesce ad ottenere, nel bene e nel male, tutto ciò che desidera. Secondo un noto proverbio, tira più un pelo della stessa che un carro di buoi!

Ma con "Pucchiacca" principalmente si indica una varietà di insalata molto gustata dai napoletani: 

'a pucchiacchella (molto gustosa), che si prepara insieme alla rughetta (altra insalata) per formare "rugola e pucchiacchella"

L'origine etimologica è chiaramente latina. Infatti con il termine "Portulaca" si indicavano, appunto, le erbe. L'associazione con l'organo sessuale femminile, è dovuto alla fusione del termina con "Pucchia" con cui si indicava una fonte, un luogo dove sgorga l'acqua. Credo non sia il caso di approfondire il perche' dell'associazione.
Ricordo inoltre, che la pucchiacca (l'insalata) cresce poco alta, quasi rasa al suolo (anche in questo caso non mi sembra opportuno specificare l'analogia).

   

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domenica 19 luglio 2015

Dizionario napoletano: "Zandraglia"


 Il termine Zandraglia o Zantraglia è altamente offensivo se rivolto ad una donna. Infatti la si ritiene cianciosa, volgare, rumorosa, sgradevole.....
Si può', con lo stesso termine, indicare anche una moltitudine di persone rumorose, sgradevoli.....
Due sono le possibili origine etimologiche. Una la vuole originaria dallo spagnolo andrajo che vuol dire cencio, straccio.
L'altra, molto più' complessa, fa riferimento al tempo in cui al Maschio Angioino c'era il Re. Dai balconi del castello volavano spesso gli avanzi dei lussuosi pranzi reali. L'incaricato gettava i resti gridando "Les entrailles" (riferendosi alle interiora degli animali). Al grido, il popolo affamato accorreva tra urla e schiamazzi. Faceva Zandraglia.


 La zandraglia , nella prima accezione, non solo è volgare, sguaiata, chiassosa, ignorante, ma emana anche un irresistibile profumo di ascella, percepibile da diversi metri di distanza. Si può dire  che la vajassa sia la sua evoluzione naturale. Il termine zandraglia probabilmente deriva dal francese “les entrailles” e “Les entrailles!” era il grido con cui i servitori di corte annunciavano, come sopra accennato, ai tempi in cui c’era ancora il re al Maschio Angioino, che stavano per gettare i resti dell’opulenta cena del monarca. In attesa, di sotto, le zandraglie, che erano capaci di uccidersi per un pezzetto di cibo in più. La parola zandraglia designava anche le donne che dovevano ripulire i campi di battaglia dai resti umani e che, spesso e volentieri (anzi sempre) litigavano tra loro per accaparrarsi un paio di scarpe, piuttosto che un pantalone o un effetto personale a caso. Ma la migliore descrizione di quella che è la zandraglia, pur senza nominarla, ce la fornisce Matilde Serao descrivendo il pendino di Santa Barbara, angusto vicolo napoletano:  “Da una parte e dall’altra abitano femmine disgraziate, che ne hanno fatto un loro dominio e, per ozio di infelici disoccupate, nel giorno e per cupo odio contro l’uomo, buttano dalla finestra, su chi passa, bucce di fichi, di cocomero, spazzatura, torsoli di spighe: e tutto resta, su questi gradini, così che la gente pulita non osa passarvi più”. Per inciso, ovviamente non passava neanche la Polizia e le zandraglie vivevano senza disturbo. 

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domenica 28 giugno 2015

Dizionario napoletano: "Nacchenella"


Nell'uso invalso nella Lingua napoletana, 'o nacchenella è un individuo eccessivamente affettato, esageratamente attento e ricercato nel vestire, al punto tale da rendersi ridicolo e a volte irritante agli occhi del prossimo.
Etimologicamente, si presume che  il termine nasca dalla deformazione napoletana dell'espressione francese "n'a qu'un oeil" (non ha che un occhio!), a designare coloro i quali un tempo facevano uso dell'occhialetto o del monocolo, simboli di raffinata quanto eccessiva eleganza.
Il 'nacchenella'è quindi un damerino, un 'dandy made in Naples', ossessionato dall'attenzione al proprio vestiario e per questo spesso anche oggetto di derisione da parte di chi ci si trova a contatto.
Un'altra teoria associa al termine "nacchenella" un uomo dai modi effeminati, sdolcinati, mielosi, ancheggiante nel muoversi (dal napoletano "nacche", con cui ci si riferisce alle anche!).

 
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lunedì 15 giugno 2015

Dizionario napoletano: "Funnachèra"


    Letteralmente 'a funnachèra è l'abitante o frequentatrice del fondaco; quest'ultimo (in napoletano 'fùnneco') era, nella seconda metà dell'800 e fino ai primi del 900, un locale a pianterreno o seminterrato, utilizzato come deposito o come abitazione estremamente povera; i fondaci si trovavano all'epoca nelle zone più povere, degradate  e malsane della città, in particolare nei quartieri del porto e del Pendino, e spesso derivavano il proprio nome da quello degli artigiani che vi aprivano bottega (il famoso fùnneco verde, fondaco degli ortolani celebrato da Salvatore Di Giacomo; 'o fùnneco 'a ramma, fondaco dei ramai!). 'A funnachèra, quale frequentatrice o abitante di un fondaco, era donna di infima condizione sociale, volgare, cenciosa, becera.
Apostrofare una donna in siffatto modo non equivale certamente a rivolgerle un complimento, atteso che la destinataria dello stesso sia in grado di afferrarne il significato.

 
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giovedì 11 giugno 2015

Dizionario napoletano: "Puntunèra"



Il termine è caduto in disuso nel corso degli ultimi anni, sostituito da sinonimi più offensivi e 'qualificanti'; indica volgarmente la prostituta, più precisamente la prostituta di strada, che batte il marciapiede all'angolo delle strade. L'etimologia della parola è quasi intuibile: "puntone" è infatti l'angolo, lo sperone, la punta che sporge. L'ubicazione della 'signora'di cui sopra all'angolo delle strade ('o puntone 'o vico!) qualifica la stessa come 'puntunèra'.


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mercoledì 10 giugno 2015

Dizionario napoletano: "Ricchione"


 Il significato del termine è universalmente noto, allude in modo sicuramente non ossequioso all'omosessuale di sesso maschile ed è sinonimo di "gay"; meno nota ne è l'etimologia: seconda la teoria più accreditata, all'epoca del viceregno succedeva frequentemente che nel porto di Napoli sbarcassero navi spagnole, i marinai che ne discendevano avevano per costume di portare grandi e pesanti orecchini, tali da allungare notevolmente agli stessi il lobo delle orecchie. Trascorrendo lunghissimi periodi in mare in assenza di donne non era infrequente che tra gli equipaggi nascessero rapporti omossessuali, che inevitabilmente si manifestavano anche una volta scesi a terra; li si vedeva infatti passeggiare abbracciati o mano nella mano scambiandosi moine.
In quei tempi Napoli, capitale del viceregno, era tra i porti più frequentati dalla marineria spagnola e tra la gente semplice del popolo si prese ad associare i comportamenti "equivoci"di quei marinai alle grandi orecchie che sfoggiavano; così si iniziò a identificarli come "ricchioni".


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giovedì 4 giugno 2015

Dizionario napoletano: 'Ricottaro'


   La parola in oggetto designa, come a tutti è noto, il protettore e sfruttatore delle donne di strada e, rivolto a individui di sesso maschile, ha una connotazione decisamente offensiva; il termine deriva, quasi sicuramente e plausibilmente, da 'ricotta'.
  Per spiegare quale sia l'attinenza tra il non onorevole personaggio di cui sopra e il gustoso alimento caseario è necessario un rapido approfondimento sulla preparazione della ricotta.
Riscaldando il latte, si ottiene da una parte la caseina, che è una delle sue proteine e che dà origine alla cagliata, con la quale si producono i formaggi; dall'altra si ricavano le proteine del siero.
Riscaldando ulteriormente quest'ultime ad alte temperature si ottiene la ricotta, dal latino 'recoctus' (ricotto).
Per certi versi la ricotta è quindi lo scarto della lavorazione del latte: un prodotto che si ottiene senza sforzo alcuno. Per analogia, viene definito 'ricottaro' colui che sfrutta il lavoro della prostituta, senza fare alcuna fatica.
 Nella Napoli del 700, in cambio della protezione fornita, il ricottaro aveva diritto a tre vestiti  nuovi all’anno, tre accessi settimanali alla propria protetta, e al pagamento delle spese del vitto, del fumo e dell’avvocato qualora, nell’ambito dei rischi connessi alla sua attività, fosse stato arrestato

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martedì 2 giugno 2015

Dizionario napoletano: 'Vajassa'


        Merita l'apostrofe di Vajassa una donna particolarmente sguaiata e volgare, incline al pettegolezzo e alla rissa, non solo verbale.
     Secondo il  Vocabolario Delle Parole del Dialetto Napoletano  anticamente significava in origine “serva di casa” o "domestica". Viene dall’arabo Bagasch che a sua volta nel dialetto toscano diventa Bagascia, ossia donna disonesta. Poichè però l’etimologia spesso inganna, c'è da pensare che sinonimo di bagascia è anche peripatetica, parola d’origine nobile ed intellettuale derivata dal “Peripato”, nell’antica Atene il viale del giardino del  Liceo; non è quindi da escludere che pure Vajassa possa percorrere, in modo inverso, lo stesso cammino ed assurgere ad un valore più alto e con una più positiva connotazione.

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